Edoardo Rixi, deputato della Lega genovese, componente commissione Trasporti, responsabile dipartimento Infrastrutture, ha attaccato i “Verdi” sul “nucleare” dichiarando che “Calenda spinge per il ritorno all’energia nucleare, Bonelli e Fratoianni sono i primi oppositori”.
Per dovere di informazione è bene essere chiari: tutte le “centrali nucleari a fissione”, grandi o piccole, producono scorie radioattive, mentre le “centrali nucleari a fusione”, che sono ancora in fase di sperimentazione e non generano scorie radioattive sono auspicate dagli ambientalisti.
Con il referendum del 1987 l’Italia era stata tra i primi Paesi industriali avanzati ad uscire dal “nucleare a fissione” e la decisione degli Italiani, poi ribadita con un secondo referendum nel 2011, ha evitato gli enormi costi legati al contenimento-smaltimento di tutte le scorie radioattive. Sappiamo che le fonti energetiche dipendenti da questa tecnologia sono ormai in declino nello scenario mondiale. Dal 2000 nessun nuovo reattore è più entrato in funzione, mentre due sono ancora in costruzione a costi esorbitanti.
Irriducibile sostenitore di questa industria, obsoleta e pericolosa, è l’attuale Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, che promuove gli Small Modular Reactors, cioè gli SMR. Trattasi di Impianti ancora sperimentali, costosissimi e da costruire in numero ingente, che generano comunque scorie radioattive da smaltire, senza avere chiari i tempi e i luoghi.
Ci sono invece iniziative innovative in materia di produzione energetica in California: aziende private (tra cui una italiana) investono già in impianti solari fotovoltaici con megabatterie capaci di rilasciare, nelle ore serali e notturne, parte della sovrapproduzione di energia rinnovabile.
Oggi, a 35 anni dal terribile incidente di Chernobyl, a 10 anni dall’incidente di Fukushima, considerando i continui incidenti bellici che avvengono ora nelle vicinanze delle centrali nucleari dell’ Ucraina, dev’essere ben chiaro a tutti come non esistano le garanzie necessarie per l’eliminazione del rischio di incidenti che porterebbero inevitabili vaste contaminazioni radioattive. Sono anche ben noti i problemi legati alla contaminazione “ordinaria” in
seguito al rilascio di piccole dosi di radioattività da parte delle centrali nucleari durante il loro normale funzionamento, cui sono esposti primariamente i lavoratori e le popolazioni residenti.
Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi
derivanti dall’attività delle centrali e dal loro finale, obbligatorio smantellamento, è un problema dai costi insostenibili, come ci insegna la vicina Francia, oggi in crisi per le centrali ormai vecchie e pericolose da demolire, con 1,54 milioni di metri cubi di
materiali radioattivi accumulati nel tempo.
Le circa 250mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotti fino ad oggi nel mondo sono in attesa di essere conferiti in siti di smaltimento definitivo, mentre allo stato attuale sono ancora stoccati in depositi “temporanei” o lasciati negli stessi impianti dove sono stati generati. L’Italia conta, secondo l’inventario curato dall’ Agenzia per la protezione dell’ambiente e dei servizi tecnici, circa 25mila m³ di rifiuti radioattivi e
250 tonnellate di combustibile irraggiato, pari al 99% della radioattività presente nel nostro Paese, a cui vanno sommati circa 1.500 m³ di rifiuti prodotti annualmente da ricerca, medicina e industria: materiale attualmente stoccato in 90 capannoni o bunker distribuiti in varie Regioni (20 nel Lazio, 16 in Piemonte, 10 in Lombardia, ecc.).
Per il futuro bisognerà poi pensare ai circa 80-90mila m³ di scorie che deriveranno dallo
smantellamento obbligatorio di quello che resta delle 4 nostre ex-centrali e degli impianti utilizzati nel ciclo di produzione del combustibile nucleare. Esiste poi la necessità di rendere inutilizzabile il materiale fissile di scarto, per evitarne il possibile uso a scopo militare: in uno scenario mondiale, dove il terrorismo globale è una minaccia concreta, bisogna infatti considerare che dal trattamento di questo materiale si può estrarre plutonio, materia prima per la
costruzione di armi nucleari.
Gli impianti nucleari attivi possono diventare obiettivi sensibili poiché nell’attuale scenario mondiale non è da escludere che, sfuggendo al controllo della comunità internazionale, possano esserci Paesi che, per dotarsi di armamenti nucleari, arrivino ad utilizzare il nucleare destinato ad uso civile.
Questa è la realtà: il Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani è chiamato ad attuare provvedimenti urgenti per la riduzione dei combustibili fossili, potenziando le fonti di energia alternativa, invece di sviare i problemi e ipotizzare future tecnologie nucleari di quarta generazione.
Anche Letta, segretario PD, si è così espresso: “Non ci piace la bozza di tassonomia verde che la Commissione Ue sta facendo circolare. L’inclusione del nucleare è per noi radicalmente sbagliata. Il gas non è il futuro, è solo da considerare in logica di pura transizione verso le vere energie rinnovabili“. Su Twitter ha preso posizione anche contro l’energia atomica, dopo le proteste di Europa Verde. Si è schierato contro la proposta avanzata da Bruxelles di inserire il nucleare e il gas naturale in una lista di attività economiche considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. Infine, ecco le parole di Bonelli:
“Accogliamo con grande favore la posizione assunta dal segretario del Pd. E’ una scelta politica importante. L’inserimento del nucleare e del gas nella tassonomia Verde Ue non tutela il pianeta e nemmeno gli interessi economici dell’Italia, ma solo quelli dell’industria nuclearista francese, fortemente indebitata, che vuole mettere le mani sui fondi pubblici europei. Ora ci sono le condizioni per costruire nel Parlamento europeo una maggioranza che possa bocciare la proposta di tassonomia della Ue per puntare sulle rinnovabili, sull’ efficienza e la riduzione dei consumi energetici”.
Europa Verde – Verdi del Savonese